venerdì 2 marzo 2018

IL SALMONE COME PIACE A ME, AFFUMICATO AL CEDRO



Un tempo cucinavo di più e mi lanciavo nella sfida delle sfide,  l'EmmeTiChallenge. Poi il gioco si è fatto durissimo, il tempo a disposizione diminuito e io non non sono più riuscita a star dietro a nulla. Ho abbandonato la sfida, ma continuo a bearmi delle meraviglie che, mese dopo mese, i partecipanti riescono a preparare.

La sfida di febbraio è stata un'illuminazione. Il tema su cui giocarsi la ricetta è qualcosa di familiare, l'affumicato. I partecipanti, come al solito, sono riusciti a realizzare in casa dei piatti affumicati strabilianti. 

A me è venuta voglia di dare il mio piccolo contributo in omaggio a questa sfida che mi ha insegnato tanto, che mi ha spinto a vincere la pigrizia e mi ha vista impastare tagliatelle, realizzare bignè per il profiterole, dare sfogo alla fantasia. E non dimenticherò mai il pollo che ho disossato e farcito con le mie mani! 

Negli anni della giovinezza l'affumicato che conoscevo era solo quel sapore di chiara origine industriale che si ritrova sulle scamorze, sulla pancetta, sul salmone e che inizialmente ti piace un sacco e alla lunga non riesci più a sopportare. 

Poi è arrivato il BBQ, sono  arrivate le ricette di BBQ4all, i libri da leggere sull'argomento, i tanti corsi (di BBQ4All e di Agribrianza, il top della formazione) e le specializzazioni. Il marito si è appassionato e io mi sono riconciliata con l'affumicato. Grazie a ciò che imparava il marito, ho scoperto che si può affumicare con tantissimi legni diversi, quello di melo, di ciliegio, di cedro, di quercia americana, di botti di Jack Daniel's, di birra, di vino, di acquavite. 

Ho scoperto l'esistenza dello smoke ring, quell'anello rosa che si crea intorno alla superficie della carne rossa, che indica che l'affumicatura è andata a buon fine e che i non addetti al mestiere pensano sia indice di carne poco cotta. 

Ho apprezzato nuovi gusti e nuovi piatti. 

Ecco perchè non potevo non postare una ricetta. Sono mesi che non lo faccio.

SALMONE AFFUMICATO SU PLACCA DI CEDRO 



Non ho mai amato il salmone fresco, quel gusto forte e dolciastro nello stesso tempo mi nauseava. Così mi piace tantissimo. Il marito ha imparato a farlo con crosta di senape da BBQ4all e da allora non c'è commensale che non chieda il bis, bambini compresi. Stavolta, abbandonata la senape, la scelta è caduta sulle erbe aromatiche, l'aneto in particolare. 

La cottura su tavoletta di legno



Lo strumento per affumicare è una tavoletta di legno, in questo caso di cedro. Casa nostra ne è invasa. 

La cottura su legno è meravigliosa per ottenere affumicature delicate, adatte a materie prime come il pesce, la carne bianca, i formaggi. Si chiama Planking la tecnica della cottura, con conseguente affumicatura, su legno e oltre a permettere di avere dei piatti interessanti dal punto di vista del gusto, ha anche un plus estetico non indifferente. 

Portare in tavola il salmone, o le ricottine, con tanto di tavoletta ha sempre un effetto scenico che contribuisce ad aumentare la curiosità e l'acquolina dei commensali.

Come si cuoce su placca? Ecco i passaggi da fare

- si mettono a bagno in acqua le tavolette, se si ha tempo per qualche ora (3/4 almeno). Si eviterà che prendano fuoco e che brucino. Le tavolette vanno immerse in una bacinella d'acqua con un peso sopra, il perchè è ovvio: il legno galleggia

- si accendono i bricchetti per la griglia, si tolgono le tavolette dall'acqua, si asciugano e si comincia a preparare tutto l'occorrente per il piatto da realizzare

- si sistema la pietanza, nel nostro caso il salmone, sulla tavoletta. Quando le braci sono pronte e sistemate nel kettle in modo tale da poter fare sia la cottura diretta che quella indiretta, si posiziona la tavoletta sopra le braci per la cottura diretta.

- in pochissimo tempo si comincerà a sentire un profumo aromatico di legno. Fumo e profumo sono il segno che è arrivato il momento di spostare la tavoletta lontana dalle braci, per la cottura indiretta

- sistemate le placche per la cottura indiretta, si può chiudere il coperchio del BBQ e attendere il tempo necessario per la cottura della pietanza

Ora che abbiamo imparato come cuocere e affumicare i cibi su tavoletta di legno, ecco la ricetta del nostro salmone affumicato su legno di cedro

Ingredienti

  • una baffa di salmone (ci si mangiano minimo 4 persone, a seconda di quanto è grande)
  • una o due tavolette di cedro (a seconda di quanto sia grande la baffa) 
  • olio extravergine d'oliva delicato 
  • fior di sale
  • pepe
  • rub di erbe aromatiche secche (aneto, timo, maggiorana) 
  • scorza di cedro o limone da grattugiare

Procedimento

Preparare il salmone, adattandolo alla placca, verificando che non ci siano lische. Metterlo sulla placca di cedro e ungerlo con un sottile strato di olio. Preparare il rub di erbe aromatiche miscelando in uguali quantità aneto, timo, maggiorana, un pizzico di sale. Spolverare il salmone con il rub, in modo tale che la superficie ne sia tutta coperta ma senza esagerare.


Chiudere la placca con la pellicola trasparente e mettere il salmone a riposare in frigorifero mentre si prepara la brace. Quando il dispositivo ha raggiunto la temperatura di 180° / 200° si può procedere con la cottura come descritto sopra.

Dopo l'affumicatura il salmone dovrà cuocere in cottura indiretta con coperchio chiuso fino a che non avrà raggiunto la temperatura interna di 65°

Una volta cotto, togliere il salmone dalla griglia e lasciarlo riposare qualche minuto. Prima di servire, grattugiare un po' di scorza di cedro e aggiungere un pizzico di pepe.

Noi abbiamo accompagnato il nostro salmone con una salsa di yogurt e panna acida, senape, limone, erba cipollina e prezzemolo.





mercoledì 21 febbraio 2018

RITORNO A TORINO

torino mole antonelliana


Torino è uno dei miei luoghi del cuore. 


Uno di quei luoghi che da bambina erano tanto familiari quanto amati. La grande casa dei nonni in piazza Statuto, quella piena di quadri, di materiali e colori con cui creare, di cose nuove da scoprire. La casa dal parquet scricchiolante e dal bagno col mosaico, la casa degli archi al posto delle porte e dell'atelier di pittura sotto il tetto.



La piazza, i tram che sferragliavano, la passeggiata in via Garibaldi, l'aperitivo col nonno in piazza san Carlo, Luigi, il gastronomo dal quale andavo con la nonna a prendere i patè e che salutava ossequioso le madamin, il droghiere che vendeva le pastiglie Leone e le gelatine di frutta, il bonet e i cannoncini alla crema. Il frigorifero Fiat e gli immancabili gianduiotti nella credenza del tinello, quello sotto il ritratto di donna di Mosè Bianchi. Ho dei ricordi bellissimi dei week end passati a Torino. 

Poi i nonni se ne sono andati, noi siamo cresciute e la grande casa è rimasto un bellissimo ricordo
C'è ancora, e ogni tanto sogno di poterci portare figli e marito, perchè possano immaginare anche loro i miei giorni da bambina immersa nella fantasia. Rimarrà, forse, un sogno. Ora che all'improvviso se n'è andato anche il mio papà e che lo zio Camillo non è particolarmente in forma non so più quando e come riuscirò a tornare in quella casa. 

Ma a Torino sono tornata spesso. E l'ho sempre trovata bellissima e affascinante. Quella città che attraversavo da bambina e che mi sembrava tanto triste quanto grigia, è finalmente rifiorita. E non ha nulla da invidiare alle sue cugine francesi. 

Così durante le vacanze di Natale, avendo rinunciato per vari motivi a un giretto a Lione, abbiamo deciso di fare due giorni proprio a Torino. A, testuali parole di mio marito, mangiare bene e vedere cose belle. 

Una notte, ma in un albergo d'atmosfera.Una cena in un ristorante tipico e un po' parisienne, tanti giri tra le vie illuminate dalle Luci d'artista e qualche museo. Due giorni intensi, pieni di bellezza, che sono piaciuti anche ai figli adolescenti. 

Non ho fatto tante foto, non ho neanche portato la reflex e mi sono goduta tutto.


Cosa ho visto? 


Il palazzo Reale: lo avevo visto da bambina. Ho attraversato le sale piene di stucchi, di oro e di decori ricordandomi di quando, con gli occhi da bimba, le ammiravo fantasticando di essere una principessa. 

Il museo del Risorgimento: visto da bambina, ora è tutto diverso. Molto ben studiato, pieno di spunti di approfondimento, ricchissimo e moderno nell'impostazione. I figli si sono scaricati l'App e lo hanno apprezzato anche loro. Notevole e da non perdere il primo parlamento italiano che si trova nel palazzo Carignano, all'interno del museo.


Torino Palazzo Carignano Parlamento

Torino Palazzo Carignano



Il museo del cinema, con salita alla Mole Antonelliana: vale da solo il viaggio a Torino. Meglio prenotare online i biglietti, se si vuole salire sulla mole. Il rischio di fare ore di coda è alto, soprattutto nei week end e nei giorni di festa. Noi siamo riusciti a trovare biglietti per una salita dopo il tramonto e la vista di Torino dall'alto, tutta illuminata è davvero affascinante.



Torino Mole Antonelliana panorama


Raccontare il museo del Cinema non è facile, è un museo vivo, adatto a tutti. Divertente, coinvolgente. Dalla storia del cinematografo alle mostre tematiche, dalla collezione dei poster alla pura ambientazione del museo, che si fonde benissimo con la struttura particolare della Mole, tutto è da farti rimanere a bocca aperta.



Torino Museo del Cinema


Dove abbiamo dormito e dove abbiamo mangiato


NH Collection Piazza Carlina: in centro, nella piazza Carlina, situato in un palazzo del XVII secolo, il Regio Albergo di Virtù. Sobrio ed elegante, lo stile che piace a me. La mattina, al risveglio, guardare la piazza animarsi mi ha fatto tornare indietro di qualche anno, ai miei risvegli nella mansarda di piazza Statuto. 


Torino Piazza Carlina NH hotel


Ristorante Consorzio: a Torino c'è l'imbarazzo della scelta per quanto riguarda l'offerta gastronomica. Quando il marito mi ha chiesto di scegliere il ristorante per la cena, non è stato facile decidere. Dalle ricerche sul web, però, un nome continuava a tornare e a incuriosirmi. 

Quello del Consorzio. L'idea di un ristorante voluto per stare bene, in cui la ricerca della materia prima fosse fondamentale, un ristorante fondato da un appassionato di vini e uno di formaggi mi ispirava, si avvicinava molto a quell'idea di ristorante che piace a me. E così è stato. Un ambiente elegantemente informale, dove tutto vuole sembrare senza pretese e invece è il frutto di un'attenta ricerca. Lume di candela (o meglio, lume di una lampada che avrei portato a casa volentieri) e un menù che ti fa venire voglia di prendere tutto. Un luogo dove tornare, fosse solo per il risotto Bergese.

Food for Mood: per pranzo qualcosa di più semplice e veloce, ma non banale. Abbiamo trovato questo locale per caso durante una passeggiata per le vie del centro. La particolarità? L'uso della salsiccia di Bra come ingrediente di panini e crostoni. Il mood americano fatto di hamburger, di patatine fritte e di coleslaw è declinato in versione piemontese. Ottimo per la pausa pranzo. Un localino piccolo e familiare da tenere presente per le prossime gite. 

Avrei molto alto da dire, le emozioni, i ricordi, il blu del cielo e i palazzi illuminati, il becerin, la bellezza di stare insieme noi quattro, figli adolescenti compresi. Ma per essere il primo post dopo tanto, tanto tempo, direi che è meglio che chiuda qui. 


Ciao Torino, torneremo presto. 



mercoledì 12 aprile 2017

TEMPO DI GELATI, TEMPO DI SCUOLA MISSIONE GREEN




Se mi dovessero chiedere qual è il mio dolce preferito, so già cosa risponderei. Il gelato (quasi a pari merito con la creme brulee). Il gelato in tutte le sue varianti, dal sorbetto di frutta alle creme, dallo stecco al biscotto, mi è sempre piaciuto.
Quando mi è stato chiesto se volevo partecipare alla presentazione di un bellissimo progetto di Sammontana, istintivamente ho detto di sì. Sempre di gelato si tratta, ho pensato. E così è stato.

Rotonda della Besana, Museo dei Bambini. Una delle tante perle della mia amata Milano, un luogo che scopro ora che i figli sono già grandi. Il luogo ideale per parlare di un progetto che a Sammontana sta tanto a cuore e che è dedicato ai bambini delle scuole primarie: il progetto Scuola Missione Green 



SCUOLA MISSIONE GREEN E IL BARATTOLINO SAMMONTANA 

Ho una passione per tutto ciò che è realmente made in Italy, ovvero per quelle aziende che hanno una storia da raccontare e che si tramandano di padre in figlio. Sammontana è una di quelle. Prima una semplice latteria, poi una gelateria, e infine una vera e propria fabbrica di gelato. Il tutto a Empoli.

Un'azienda familiare italiana, legata alla sua storia e al territorio, ma allo stesso tempo rivolta al futuro e attenta al presente, questa è Sammontana, che si sta muovendo per poter garantire alle nuove generazioni un futuro più green e lo fa attraverso un progetto dedicato proprio ai bambini.

Scuola Missione Green, infatti, è un ampio progetto di educazione ambientale che si sviluppa in tre punti principali:

.  Un kit da inviare alle scuole pensato e realizzato per fornire gli strumenti necessari a partecipare al progetto,: schere didattiche, il modulo di iscrizione a un concorso creativo, spunti di attività da svolgere in classe


 - Il concorso creativo  “Un sogno per Domani” da affrontare a scuola. 20 elaborati saranno i protagonisti di un’esposizione in occasione del World Dream Day del 25 Settembre 2017 presso l'Acquario di Genova. Trovate le informazioni relative sul sito del concorso 

 - La raccolta punti da continuare a casa durante le vacanze che permetterà alle scuole di ricevere materiale didattico. Per ogni barattolino portato a scuola da riciclare verrà assegnato un punto.

Il tempo dei gelati è arrivato, e io ho un motivo in più per non sentirmi in colpa nel mangiarli!





giovedì 2 marzo 2017

OGGI FESTEGGIO ANCHE IO #18ANNI



Da 18 anni questa per me è una giornata speciale. Oggi lo è un po' di più. Quella che ieri, (perchè era ieri, vero?) era un paio di occhioni spalancati su di me e mio marito e una voce squillante già dal primo vagito oggi diventa maggiorenne.

Diciotto anni. Diciotto anni da mamma. E' da stamattina che ci penso. I diciotto anni vanno festeggiati e non ci faremo mancare nulla: la cena fuori, gli amici più cari a pranzo, la tanto attesa festa nel locale tutti vestiti eleganti, gli auguri dei cugini sul gruppo di whatsapp, il tenerissimo post del nonno ottantenne su Facebook, la torta della nonna, i fiori e persino una giornata di sole tutta per lei, così apertamente solare.

Ma cosa ti rimarrà, Anna, nei ricordi di questi giorni di festeggiamenti?
Io lo so cosa rimarrà a me.



Ieri sera. Il giorno prima del primo traguardo. Il tramonto, l'aria limpida. Io e te a camminare (tu che hai accettato di fare sport con me, non ci posso credere). I passi veloci e i pensieri sparsi.

Il senso dello studio, il senso della vita.
Ma sarà poi vero che al contadino non serve sapere se la terra è rotonda?
A cosa serve studiare latino se poi si va a fare altro?
Cosa vuoi mangiare domani con le tue amiche?
Ma il pastore errante si sarà davvero chiesto perchè la luna stava in cielo o l'avrà ammirata e basta?
Ti piacerebbe uscire a cena con noi domani?
Mamma, cosa farò dopo il liceo? Come faccio a capire quello che mi piace?
E se poi quello che scelgo dopo un po' mi stanca?

Cinque chilometri, dal tramonto al buio luminoso di una giornata di sole come quelle che aspetti per giorni. Pensieri e chiacchiere sparse. La consapevolezza, mia, che sei cresciuta. Eri piccola, urlavi giorno e notte e, stremata, ti gridavo: "Cresci!"

Sei cresciuta.

Ora cammini spedita verso il mondo, con la voglia di trovare la tua strada, tante tantissime cose da provare, molta curiosità, molti progetti iniziati e non finiti (e sì, in questo ci assomigliamo non poco). Ribelle quanto basta, critica il giusto. E sorridente, semplicemente sorridente.

Buon compleanno, Anna. Che tu abbia sempre amici con cui fare la strada, desiderio di una meta e un motivo per sorridere.

martedì 29 marzo 2016

Zuppa di pesce del venerdì santo



Venerdì Santo, digiuno a pranzo, ma la sera qualcosa si mangia. Giovedì avevo fatto un giro in pescheria: nelle intenzioni c'era di partecipare alla sfida mensile di MTChallenge che questa volta cadeva a fagiolo: brodetto di pesce
Uno sguardo al banco, la scelta è caduta su tutto ciò che è mediterraneo: triglie dell'Adriatico, moscardini, seppie, una piccola gallinella. scampetti e canocchie. 
Ho aggiunto un bel po' di cozze e son tornata a casa col mio bottino. 




Venerdì Santo. La mattina passata tra meccanico, un salto in chiesa a confessarmi, un saluto ai miei genitori in partenza per la montagna. Poi l'amica chiama e propone di partecipare a una via Crucis particolare. Sono giorni intensi, pieni di cose da fare, ma anche pieni di interrogativi. 

Cosa faccio? Nessuna esitazione. Vado. Piazza Gae Aulenti. Quattrocento persone, una croce, due frati della prefettura di Terra Santa. carabinieri in alta uniforme e sicuramente tante forze dell'ordine a proteggerci in sordina. Un'ora, quella della pausa pranzo di impiegati, funzionari e dirigenti che hanno organizzato il tutto. Quattordici stazioni e la lettura delle lettere che il parroco di Aleppo scrive ai propri amici. Una via Crucis con nel cuore i cristiani perseguitati, intensa e commovente. 

Torno a casa e sono le tre passate. Ho un elenco di post da fare entro domani che variano dalla tavola di Pasqua all'intervista al barber più famoso del web. Per tre giorni non sarò a casa e non ho intenzione di portarmi dietro il pc. 

Comincio da ciò che non posso rimandare. Scrivo di pasticceri carcerati, di fondazioni per disabili che ospitano la porta santa, di tavola di Pasqua. Scrivo e nel tardo pomeriggio, quando la fame comincia davvero a farsi sentire, interrompo. Tutto quel pesce deve diventare una zuppa

Pulisco le triglie e la gallinella, le sfiletto e le metto da parte, pulisco i moscardini e le seppie e comincio a cuocerli, perchè si sa che sono quelli che richiederanno più tempo. So che non ce la farò mai a fare tutto. Ma ho fatto una scelta e sono serena, e anche il pulire il pesce, anche il preparare la cena della sera del venerdì santo ha un'altro sapore. 


ZUPPA DI PESCE DEL VENERDI SANTO



Ingredienti



  • 4 triglie
  • 1 gallinella
  • 2 seppie di media grandezza
  • 6 piccoli moscardini
  • 6 scampetti
  • 8 canocchie
  • cozze del lago di Paola (erano un kg e 7, ne ho usato meno della metà, il resto per la pasta del giorno dopo) 
  • uno spicchio d'aglio
  • sedano
  • cipolla
  • olio extravergine d'oliva
  • un bicchiere di vino bianco
  • 300 g di pomodorini pachino

Pulire le triglie e la gallinella, sfilettarle. Pulire moscardini e seppie, tagliare le seppie a listelle. Far scaldare uno spicchio di aglio in camicia con un cucchiaio di olio. Aggiungere seppie e moscardini, Cuocere a fuoco vivace, sfumare con il vino bianco, lasciar evaporare e cuocere a fuoco basso, con il coperchio. 


Preparare il brodo con gli scarti di triglie e gallinella. Una precisazione, il vero broeto, al quale ci ha introdotti Anna Maria Pellegrino, vuole che si tostino le lische. Io non l'ho fatto, il tempo era poco e ho deciso di sporcare una padella in meno e di saltare un passaggio. Ho preso testa e lische di triglie e gallinella e le ho messe nell'acqua fredda insieme a dei gambi di sedano e mezza cipolla (piccola). 

Pulire le cozze, togliendo il bisso e sfregando bene i gusci. Farle aprire in una padella. Sgusciarle quasi tutte e filtrare l'acqua. 



Dopo almeno mezz'ora, controllare se seppie e moscardini si sono ammorbiditi. 

Sciacquare le canocchie e tagliarle sul dorso. Metterle, insieme agli scampetti, nella padella con seppie e moscardini. 

Aggiungere il brodo di lische di triglia

Sciacquare e tagliare i pomodorini. Aggiungerli. 



Unire alla padella anche i filetti di triglia e gallinella e infine le cozze insieme alla loro acqua. 

Coprire col coperchio e cuocere per qualche minuto, senza mescolare

Servire nelle ciotole con barchette di pane (filoncini di pane biscottato in forno, non li ho preparati io). Un pizzico di peperoncino, se amato, un pizzico di fior di sale sardo e un filo d'olio.

Buonissima. 

Non sono riuscita neanche questa volta a partecipare alla sfida. Poco male. La ricetta c'è, il piatto è stato gustato. E per questo mese non ho gettato la spugna. Un risultato buono, visti i tempi ... 






lunedì 21 marzo 2016

ldentità Golose 2016,il senso della vita secondo i grandi chef




Ultimamente scrivo di tutto: spazio dai lavoretti al lifestyle, dal non profit al made in Italy. Tutto bello, tutto interessante. Però la cucina resta il mio grande amore. Cucina intesa sì come mettere le mani in pasta, ma anche e soprattutto come osservare, ascoltare, gustare il lavoro di chi del food ha fatto la propria passione e di quella passione ne ha fatto un mestiere.

Cuochi o chef, piccoli o grandi produttori, quando mi capita di guardarli mentre trasmettono agli altri questa passione mi ritengo una privilegiata.

Così è stato anche quest'anno con Identità Golose. Lunedì, il giorno che mi piace di più e che se posso scelgo come preferenza nell'accreditarmi. Lunedì c'è Cracco (che è sempre un bel vedere), c'è Bottura (che da solo vale la giornata) c'è Romito, che ammiro per l'essenzialità e per quei video meravigliosi che vorrei saper fare anche io...

Cosa mi è rimasto di questo assaggio di Identità Golose?



La sensazione che, declinata nei modi diversi in base al temperamento di ogni chef, la cucina di questi uomini sia filosofia di vita,  tentativo di risposta alle fondamentali dell'uomo,  amore verso la realtà,  rispetto sacrale verso la propria storia, le proprie tradizioni, il proprio territorio.

Forse è questo che mi affascina dell'alta cucina: è che attraverso un piatto gli chef fanno lo stesso percorso di filosofi, artisti, uomini di scienza.

Troppo cervellotico? Forse.

Troppo incomprensibile? Anche.

Troppo esagerato? Non saprei.

Io so solo che tutto ciò mi affascina e che sentire Bottura raccontare di Refettorio Ambrosiano mentre la sua squadra costruisce un piatto complicatissimo rende chiaro che il percorso suo e di molti suoi colleghi non è fine a se stesso.

Niente manierismi, solo quella che lui ha chiamato "la percezione del tutto" e che permette a un uomo come lui (ma come tutti noi, se tenessimo gli occhi spalancati e il cuore aperto) di elaborare un piatto complicatissimo e folle e di progettare refettori in giro per il mondo.

Food for soul. Cibo per l'anima, perchè non di solo pane vive l'uomo.

Non di solo pane vive l'uomo, ma di bellezza e di ricerca del vero. Tutto ciò può passare per un piatto? Sì, anche.

Me lo aveva insegnato un sacerdote e il suo barolo del '74 sorseggiato come assaggio dell'Infinito. Me lo insegnano ora Bottura e tutti quegli chef, produttori e grandi appassionati che ho incontrato non solo a Identità Golose, ma fortunatamente in tante occasioni della mia vita.

Anche perchè non è necessario essere un grande chef per vedere in ciò che si fa il riverbero dell'Infinito.







lunedì 25 gennaio 2016

SUP, UNA ZUPPA CHE SA DI MONTAGNA



Freddo, cielo limpido e montagne innevate sullo sfondo. Quando ho pensato a quale zuppa preparare per MTchallenge questo era ciò che mi ha colpita. Ho una suocera maestra nelle zuppe toscane e avrei potuto tentare di emularla, ma le montagne che frequento fin da bambina, quelle che il marito sopporta sempre meno, hanno preso il sopravvento nei miei progetti.

Non so voi, ma mi piacciono i libri di cucina locale. Alcuni di quelli che ho sono souvenir di viaggi, altri sono vere e proprie chicche.
Cucina e tradizioni in Valle di Susa, di Maria Luisa Moncassoli Tibone è uno di questi. Un volume piccolo e senza troppi fronzoli.
Quaranta antiche ricette della Val di Susa accompagnate non da mirabilanti fotografie, ma da tavole di artisti della zona.

Ogni tanto lo apro e me lo gusto. Le ricette sono scarne e semplicissime. Sembra quasi di rivedersi al buio di una grangia a mettere insieme un po' di pane, delle patate, un po' di cavolo e trasformarli in zuppa.

Sono partita da qui, da un libretto di ricette antiche, povere di ingredienti e ricche di gusto, per pensare alla mia zuppa.
L'ingrediente di partenza dovevano essere le patate. Mia mamma è tornata dalle vacanze natalizie e me ne ha portate tantissime. Patate di montagna, incrostate di terra, una diversa dall'altra come forma, difficilissime da pulire, ma che gusto! Da mangiare lesse senza nulla ma da svenimento se accompagnate con toma fusa...

La mia scelta è caduta sulla Sup, la zuppa della valle di Rochemolles, che metteva insieme tutto ciò che veniva coltivato lassù, in una valle tanto bella quanto dura (la storia di questa piccola frazione a più di 1600 metri d'altezza è tristemente caratterizzata dalle valanghe) , una valle di cascate e marmotte.

Patate, porri, fave, acqua e una fetta di lardo. Il tutto cotto sul camino in un capiente paiolo.

Io sono partita da questa base e ho cambiato un po' di cose. In famiglia non amano particolarmente le zuppe a pezzettoni, nella versione originale sarebbe stato un piatto apprezzato solo da me. E stavolta non sono riuscita a cuocerla nel BBQ, ma vi assicuro che ci ho pensato....



ZUPPA DI ROCHEMOLLES ALLA MIA MANIERA

Ingredienti per sei persone con un buon appetito


Per il brodo:



  • un bel pezzo di biancostato piemontese 
  • un bel pezzo di punta di petto (che il marito ha deciso di non cuocere nel BBQ)
  • mezza gallina
  • due carote
  • la parte verde del porro (scelta mia, per rendere questo piatto il più povero possibile)
  • due gambi di sedano
  • un rametto di rosmarino
  • acqua



Per la zuppa


  • 1 kg di patate di montagna
  • due cuori di porro
  • 300 g di lenticchie umbre (non amo particolarmente le fave e non ero certa di trovarle italiane)
  • brodo
  • sale
  • pepe
  • una noce di burro 
  • una fetta di toma di montagna
  • 100 g circa di lardo alle erbe
  • un pizzico di timo serpillo (raccolto in estate durante le gite)



  • Due o più fette di pane di segale tostato

Preparazione



Ho cominciato a preparare il brodo (premessa: avevo dei bei pezzi di biancostato e ho deciso per la cottura che privilegia il bollito al brodo). Ho riempito un pentolone di acqua, ho aggiunto gli aromi e portato a bollore
Ho unito la carne, riportato a bollore e abbassato al minimo. Ho cotto per ore e ore.

Nel frattempo ho pulito, pelato le patate e le ho tagliate a tocchetti. Ho sciacquato i cuori di porro e li ho tagliati a rondelle finissime.
Ho messo a rosolare il porro con il burro e unito le patate. Ho mescolato bene e aggiunto il brodo.
Ho messo a bagno per qualche minuto le lenticchie e le ho unite alla zuppa. Ho regolato con il brodo (che doveva coprire di almeno due dita gli ingredienti). Ho unito un pizzico di timo serpillo

Ho cotto per circa un'ora. A cottura quasi ultimata ho aggiunto la toma tagliata a dadini e l'ho fatta sciogliere.

Ho tostato il pane di segale (che avevo preparato il giorno prima, nei prossimi giorni vi posterò la ricetta) e tagliato a listarelle il lardo (che il ragazzo della gastronomia mi aveva tagliato a fette decisamente "rustiche")

Ciotola di coccio, zuppa bollente, pane di segale, lardo a guarnire e volendo una bella grattata di pepe. Un Avanà Rusin, vino coltivato in valle sui terrazzamenti a 800 metri da vignaioli eroici che hanno deciso di continuare una tradizione e di mantenere vitigni autoctoni.

Non è ancora tempo di andare in montagna ma.... intanto ci consoliamo così!

PS: grazie Vittoria che hai pensato a un piatto così comfort food e così adatto a questi giorni!







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